6 giugno 356 a.C.

Author: Monsieur Henri /


"Ora si è nel segno dello Scorpione, e il Sole, che su tutto splende, con il quadruplice carro vede il gruppo dei celesti esseri che scende e certo esclude dal cielo chi nasce in quest'ora. Controllati, mia signora, fino a che domina ancora questa stella. Si è ora nel segno del Cancro, e Crono, che privò gli inguini del padre della capacità di generare, minacciato ora dai suoi stessi figli, memore di Poseidone signore dei mari, Plutone signore degli inferi e Zeus signore dei cieli, corre intorno al proprio trono. In quest'ora genereresti senz'altro un inetto. Trattieniti dunque ancora un poco, anche per quest'ora. La Luna che reca sul capo il corno, lasciato l'altissimo cielo, col carro tirato dai tori scende a terra, per stringere tra le sue braccia il bel pastore, il giovane Endimione, che poi muore colpito al ventre dal fulmine: nemmeno questo è un parto felice. Venera dei dei talami, madre dell'arciere Amore, farà morire Adone, il cacciatore di cinghiali. Colui che nasce in questo segno farà alzare la fiaccola delle donne di Biblos e levare lamento intorno a sé. E anche [...] l'animo del leonino Ares: questi amava i cavalli e la guerra, ma poi privo di armi e nudo fu scoperto dal Sole su letti adulteri, sicché sarà sprezzato chi nasce in quest'ora. Attendi ancora, o regina, che passi ora la stella di Ermete, il Capricorno, contro la Maldicenza. Così genereresti un figlio erudito, litigioso e tracotante. In quest'ora generi un mostro. Mettiti a sedere ora, retina, sopra il seggio che porta salute, e le tue doglie di parto siano molto prodigiose e intense. Perché Zeus protettore delle vergini, che diede alla luce dalla propria coscia Dioniso dal folle grido, sereno domina il cielo. L'ariete Ammone è in congiunzione con l'Acquario e i Pesci e fa nascere l'egiziano re dominatore del mondo. Partorisci, dunque, adesso!" E mentre Nectanebo diceva queste cose, il neonato scivolò a terra: cadde una folgore, risuonò un tuono, la terra tremò, e tutto il mondo fu sconvolto.

Pseudo-Callistene, "Romanzo di Alessandro", recensio A




Si vide l'aria agitarsi, è verità provata,
lampi apparirono sotto le nubi nere,
il cielo si strappò, spaventando le folli,
annunciando il rumore dei corni che sarebbero suonati
quando egli avrebbe cavalcato nelle valli profonde,
fino a farsi intendere nelle montagne più alte.
Esplorò ancora, fino ai cammini del cielo,
facendosi portare in alto nel suo gran trono d'oro
dai quattro grifoni che vi erano attaccati.
Possedeva anche le luci dell'astronomia
e sapeva misurare il corso di tutte le stelle.
Ecco perché, quel giorno, la terrà annunciò con il suo tremore
che nasceva a quell'ora l'eroe temuto
sotto il potere di colui al quale lei stessa doveva inchinarsi.
E il mare divenne rosso per mostrare che doveva
mostrargli le astuzie della guerra terribile
e delle imboscate nelle foreste ombrose,
che dovevano versare il sangue in numerosi paesi
e far tremare gli uomini senza che potessero nascondersi.
Le bestie fremettero, sapendo che il destino
voleva che non ci potesse essere una creatura al mondo
che non sarebbe stata dominata dal re,
le une per mettersi tutte al suo servizio,
le altre destinate a fargli del male,
come i serpenti della terra bruciante,
che dovevano avvelenare una grande parte dell'armata.
All'ora della sua nascita, la gioia fu ritrovata,
il coraggio rianimato, la bontà ravvivata,
bontà che malvagi signori avevano distrutto,
rifiutando a tutti il più misero dono,
nemmeno il valore di una mela sbucciata,
se non ne avevano prima una propria ricompensa.
Ma il giovane, con i suoi doni, tenne la testa alta,
poiché la sua condotta era così perfetta
e la sua bontà sorpassava quella degli altri
così che non allontanò mai la più misera domanda.

...

Avrebbe posseduto tutta la terra abitabile
se non si fosse preparato così presto il veleno
che provocò la sua morte mentre era al massimo della bellezza,
dopo la presa di Babilonia, che aveva tanto desiderato.
Visse poco tempo, nemmeno trent'anni,
ma nessun uomo fu tanto veloce né fece tante conquiste,
nemmeno Giulio Cesare, né Crasso né Pompeo.
Dopo lui la terra ritornò nel caos,
devastata, dilaniata dall'orgoglio dei baroni,
poiché la colonna che la sosteneva era distrutta.
La perdita di un buon signore è difficile da riparare
e tutte le genti buone dovrebbero piangerla.

Mai, da allora, la terra conobbe un tale comandante.

Alexandr de Paris, "Le Roman d'Alexandre", XII secolo.

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