Lucrezia Della Valle

Author: Monsieur Henri /


Ed ecco il Background del mio personaggio... si vede che ci tengo!!!

"Ero nota come Lucréce du Vergier. Ma il mio vero nome era Lucrezia della Valle, ero italiana, romana per la precisione. Nacqui come figlia illegittima di una nobile che, odiando il mio volto, mi fece educare in un convento, credendo che sarei diventata una perfetta dama di corte. Ma quell'ambiente gelò il mio cuore, con la sua tremenda ipocrisia. Le suore mi veneravano, mi coccolavano... ma solo perché ero figlia dell'arcivescovo di Parigi, che si era innamorato di mia madre... Questa verità la seppi molto più tardi, quando il mio cuore era ormai insensibile ad ogni meraviglia. Tornai a casa dal convento una sera di ottobre. Quando bussai alla porta della mia casa, un uomo mi venne ad aprire, un uomo dai lunghi capelli neri come l'ebano e dagli occhi blu. Si presentò come mio zio, fratello di mia madre, disse di chiamarsi Andrea. Io me ne innamorai perdutamente. Avevo solo dodici anni, ma quello fu un grande amore: era un amore incestuoso, lo so, l'ho sempre saputo, ma non mi è mai importato nulla. Mi disse che mia madre era morta e che sarebbe stato lui a prendersi cura di me. Gioia. Gioia immensa. Vissi il paradiso. Ma un giorno lui mi vide nuda, si avvicinò, mi accarezzò, mi fece sua. Notte dopo notte non fui più sua nipote, ma la sua amante. Non potevo desiderare cosa più bella. Non mi meravigliava il fatto che solo di notte lo vedessi presentarsi da me... non sapevo ancora cos’era un Fratello.
Ma l'incantesimo si ruppe. Mi fece scivolare nel letto un banchiere, a cui doveva un'ingente somma di denaro. Per pagarmi, questo banchiere mi infilò un braccialetto di smeraldi al polso.
Ma non ci furono sempre gioielli a distrarmi. Politici, musicisti, banchieri, anche uomini di Chiesa... ne ho conosciuti molti sotto le mie coperte, quando ormai Andrea mi aveva portato a Parigi e mi aveva fatto diventare Lucréce du Vergier. Non sono stata certo la cortigiana più ambita di Francia, ma il mio salotto è stato visitato da persone come Frèderic Chopin. Lui non mi toccò, mi rimase a guardare, e si avvicinò al pianoforte. Compose quella notte la Marcia Funebre che tutti conoscono. La compose per me? Forse.
Ero disgustata da quella vita, più volte ho cercato di togliermela... ma invano... guardavo Andrea e mi abbandonavo nelle braccia di uno sconosciuto. Fu in quel periodo che cominciai a capire chi era il mio vero dio... era la Perfezione. Io ero così sporca, dentro, che guardando la perfezione fisica intorno a me mi sembrava di sognare. Non avrei mai potuto essere come quelle statue greche che adoravo, ma loro erano parte di me, io parte di loro. Non appartenevo più a questo mondo, proiettata com'ero in una proiezione metafisica della Bellezza. Arrivai a non desiderare più nessuno, ma solo quelle statue di marmo dagli occhi vuoti...
Ma poi un giorno conobbi un uomo. Aveva, come Andrea, i capelli neri e lunghi, ma i suoi occhi erano di ghiaccio. Un ghiaccio che mi inebriò, e che mi riportò nel mondo dei vivi. Era lui, ora, la mia statua greca, anche se non fu mio che per un mese. Si chiamava Alessandro. Era italiano come me, romano. Di lui si dicevano cose atroci, che numerose donne si fossero uccise perché lui le aveva rifiutate, che molti padri lo avessero sfidato a duello vedendo macchiato l’onore delle figlie. Era un soldato, un capitano di cavalleria, ma era anche un musicista. Suonava il violino come nessuno al mondo, e componeva delle melodie meravigliose. Quello fu il momento più bello della mia vita. Fu vero amore, quello, e puro... O almeno così pensavo.
Avevo ragione, non potevo appartenere a questo mondo, e i miei compagni potevano essere solo gelidi e perfetti uomini di marmo.
Era anche lui figlio dell'arcivescovo di Parigi.
Potevo avere migliaia di uomini, ma io scelsi mio fratello. Forse perché era simile a me, forse perché tanto assomigliava alla mia idea di Perfezione.
Lui se ne andò, una sera, senza sapere nulla. Mi lasciò il più bello dei doni, una bambina, Elena. Mostravo la mia gravidanza con fierezza, nonostante sapessi di chi era figlia, e con fierezza la diedi alla luce, una bambina sana e splendente.
Lei non ha mai saputo quello che io facessi... che io fossi una cortigiana... Ricominciai ad essere succube di Andrea, che, stranamente, mi lasciò tenere Elena, e cercai di nuovo la Perfezione nel marmo classico.
E poi lui tornò, Alessandro dico, dopo circa cinque d'anni, quando ormai io avevo 21 anni. Mi promise che mi avrebbe portata via, che non ci sarebbe stato più nessuno con cui condividere il mio letto se non lui. Gli chiesi se sapeva e lui disse di sì, che non gli importava, che avremmo vissuto come due sposi, incuranti del giudizio altrui, allevando il nostro unico tesoro, la nostra Elena.
Elena aveva ormai cinque anni quando una sera Andrea venne da me: era agitato, nervoso, le sue mani erano tutte un tremore. Con angoscia mi chiese un favore, l’ultimo, e poi sarei stata libera: libera di vivere, libera di poter amare... come potevo rifiutare? E così, mentre Alessandro era lontano con l’esercito, ricevetti nella mia camera Jacques de Montbard. Era un bell’uomo sulla quarantina, un pittore dall’aria strana. Mi contemplò con occhi avidi e mi baciò. Ricordo poco di ciò che successe dopo: solo le mie lacrime che si univano al sangue che egli succhiava dal mio collo. Fu il buio, e quando ni svegliai la prima cosa che vidi fu il corpo di Alessandro sdraiato vicino a me. Jacques, colui che mi aveva trasformato in ciò che sono ora, il mio Sire, mi disse che, credendomi morta, Alessandro aveva tentato il suicidio, tagliandosi i polsi. Mi spiegò la mia situazione, e di come mi avesse scelto per la mia storia: la cortigiana incestuosa che colleziona statue greche. Vegliai per notti intere mio tratello, incurante del mio stato. Una sera, però, quando andai da lui, vidi che c’era un uomo seduto al suo fianco. Il suo nome era Etienne de Charny. Era stato abbracciato insieme a Jacques e ne era il migliore amico: spinto da lui e affascianto dalla nostra storia che gli sembrava tanto una di quelle tragedie di cui era appassionato, aveva trasformato Alessandro in un vampiro come me, così che potessimo vivere per sempre insieme, noi, le loro creature, le loro vittime inconsapevoli. E’ strano a pensarci, ma per noi diventare vampiri fu una cosa del tutto naturale. Alessandro lasciò l’esercito dicendo che aveva contratto ala tisi, in modo da spiegare il suo pallore, e si dedicò anima e corpo alla musica. Io ricominciai a scrivere, qualcosa che a quei tempi era considerato un tabù per le donne, e Alessandro componeva musiche straordinari e terribili, che solo lui poteva suonare. Ma presto ci rendemmo conto che l’idillio non era destinato a durare: si poteva nascondere la veritù ad Elena finché era una bambina, ma prima o poi avrebbe voluto passeggiare nei tiepidi pomeriggi primaverili. Una sera, quando aveva quindici e io e mio fratello eravamo istruiti da Jacques e da Etienne, la presentammo in società. Nessuno conosceva il mio vero cognome, quindi il sentirla chiamarla Elena Della Valle non scandalizzò nessuno. Fui sollevata dal fatto che la gente non la giudicasse per colpa mioa, per il mio passato, che lei ignorava. Era così bella, nel fiore dell’età, con gli occhi splendenti di gioia, che capimmo che il momento era arrivato. Quella stessa sera le raccontammo tutto, di chi fosse figlia, chi fossimo noi. Il giorno dopo non la trovai più nella sua camera. La cercammo in ogni luogo, in ogni modo, maledicendoci per quello che avevamo fatto. Ma forse era stato giusto così. Passammo anni a cercarla, e i miei scritti diventarono sempre più disperati, e le musiche di Alessandro sempre più impossibili. E una sera Etienne arrivò stravolto a casa nostra: Jacques aveva dipinto il suo ultimo quadro, una magnifica alba, ormai stanco di ciò che era. Aveva aspettato che io fossi matura abbastanza, e poi se ne era andato. La notizia della morte di Andrea che mi giunse poco dopo mi prostrò completamente: nonostante tutto, era stato il mio primo amore, il mio primo uomo. Non ebbi nemmeno la forza di indagare sull’accaduto. Se l’avessi fatto forse avrei evitato la tragedia. A malapena mi nutrivo, tutto ciò che scrivevo lo strappavo. E du allora che mi arrivò una lettera: mi diceva che Elena era a Roma, che se volevo informazioni maggiori dovevo raggiungere un certo Maximilien Leroux a Reggio Emilia. Io ed Alessandro non esitammo un attimo, lasciammo Parigi e i brutti ricordi. Ancora oggi mi chiedo come potemmo essere così folli da partire immediatamente, ma avevamo tremendamente bisogno della nostra bambina. Arrivammo a Reggio, nel luogo dell’appuntamento. E trovammo il nostro informatore... ma non era colui che speravamo. Ci disse che aveva spinto lui Jacques al suicidio, che lui aveva ucciso Andrea: gli facevamo schifo, nei nostri rapporti incestuosi, che macchiavano l’onore dei Fratelli. I suoi occhi brillavano di odio e di fanatismo. Noi Della Valle eravamo gli aborti della società, e dovevamo essere eliminati. Il tremere si scagliò contro Alessandro che si difese meglio che poteva. Lo ferì anche, ma questo non bastò. Vidi quella creatura trafiggere il corpo di mio fratello e decapitarlo con una gioia macabra che mai prima di allora avevo visto. Ma che probabilmente fu la mia quando mi accorsi di averso trafitto con la spada di Alessandro. Credo che questo successe dopo un combattimento, perché non avevo quasi più sangue nelle vene quando gli staccai la testa. E tutto fu buio per me, un lungo sonno senza sogni ma con la consapevolezza che tutto mi era stato strappato, e questa volta per sempre. Mi svegliai poco tempo fa. Vicino a me c’era Etienne, con il volto amareggiato. Mi disse che ci aveva seguiti fin da Parigi e che mi aveva trovato in quello stato. Mi aveva impalettato in modo che io non soffrissi troppo per la morte di Alessandro. Che follia... come se duecento anni avessero fatto la differenza. Il dolore è così grande che mi assedia senza sosta, e non ho che un pensiero, l’odio per quel Tremere e per tutto il Clan che lo ha generato. Etienne mi fece avere dei contatti con dei giornalisti e vari artisti che aveva avuto modo di conoscere stando a Reggio e aspettando il momento giusto per svegliarmi. Io non so nulla di Elena, non so se quella creatura l’abbia uccisa, se sia stata abbracciata, se sia morta in pace vivendo da essere umano. So solo che darei la mia non-vita per rivederla anche solo un secodno, se è ancora viva. E so che dopo la morte di Alessandro ogni giorno è più difficile, e che il desiderio di un mondo diverso, in cui possa sentirmi al sicuro, è sempre più forte, un mondo dove la perfezione delle statue classiche è vera, un mondo che possa accettare il mio amore e compiangere il mio passato. Non mi pentirò mai di averlo amato, mi manca tutto di lui, la sua freddezza, la sua musica, le sue parole. Ma lentamente sento di odiare sempre di più la mia natura. Il succhiare sangue a persone che avrebbero diritto a vivere più di me, l’aver stroncato amori che stavano per sbocciare... Questo mondo futuro a cui aspiro sarà tutto bianco, marmoreo, e non ci saranno più persone come me a sporcarlo."

Live di Lex Sanguinis

Author: Monsieur Henri /


Non vi stupite per l'ora, sono appena tronata dal Live di Vampiri... il penultimo, ahimé... Nonostante ci siano state molte voci del tipo "mah, speriamo che vada bene", a me questo live è piaciuto TANTISSIMO!! Non c'è stato nemmeno un momento morto, si riusciva sempre a parlare con qualcuno, si è anche collaborato! Fantastico!! Avevo trascinato la mia Cantante, che faceva il personaggio legato al mio... ma duecento anni prima... Quindi la scena "CARRAMBA CHE SORPRESA!!!" è stata epica, con il Max (alias François Sigrist, primogeno Toreador) che ci guardava esterrefatto perché sembravamo davvero piangere come due coglione, e poi a ricordare i "vecchi" tempi in cui i nostri sposi erano vivi, e io a farle ramanzine su come fosse meglio non essere mai stata madre, piuttosto che esserlo e poi vedersi la figlia tolta (è molto OTTIMISTA il mio personaggio, posterò la sua biografia...); e poi le discussioni con il mitico primogeno e con Dugalle, il nuovo toreador che ho scoperto far parte della Torre da secoli, e anche con il Jacky!! MItiche le scene di crisi isterica mia davanti ai Tremere, con la frase più bella della Benni, frase in game, "non ti avevo mai vista piangere"... wow ancora i lacrimoni mi vengono... Mitici noi che cerchiamo tutti insieme di capire cosa volesse dire una poesia di Poe che mi era stata data come contatto, con elucubrazioni mentali degni di Lucrezia, e quei maledetti zombie che ci inseguivano, e noi a cacciarci nella stanza senza uscita (grande scena di amicizia: la Benny che mi prende e mi mette davanti a lei per farle da riparo!!), brrrrr... facevano paura... la stanza era bassa e soffocante, e quegli affreschi... ihhhh!!! E io che donavo sangue in giro a CHIUNQUE!!! Tra cui il Jecky, che mi ha quasi ammazzata buttandomi a terra, il nostro mitico primogento e... muahahahah... un tremere!!! Posso ricattarlo!!! E, last but not least, l'arrivo della polizia VERA chiamata da qualcuno che interrompe la scena finale sul più bello! Ho avuto paura per un secondo, ma poi ho visto che i master avevano il permesso e i documenti, e allora tranquilla!!
Peccato davvero che sia il penultimo, è triste... Lucrezia non troverà mai sua figlia? Intanto penso che farò in modo che il Cris (il siniscalco toreador) o il Max sappiano del mio passato, penso che farò una scenata epocale, voglio scoppiare a piangere tra le braccia di qualcuno!!!

Miticissima serata, sono stravolta, ma tanto contenta!! E ora... la POESIA!!! In corsivo le parti che nel mio foglio erano sottolineate e mi hanno fatto andare giù di testa a forza di cercare di capirle!!

The Sleeper

At midnight, in the month of June,
I stand beneath the mystic moon.

An opiate vapor, dewy, dim,
Exhales from out her golden rim,
And, softly dripping, drop by drop,
Upon the quiet mountain top,
Steals drowsily and musically
Into the universal valley.
The rosemary nods upon the grave;
The lily lolls upon the wave;
Wrapping the fog about its breast,
The ruin molders into rest;
Looking like Lethe, see! the lake
A conscious slumber seems to take,
And would not, for the world, awake.

All Beauty sleeps!- and lo! where lies
Irene, with her Destinies!

O, lady bright! can it be right-
This window open to the night?
The wanton airs, from the tree-top,
Laughingly through the lattice drop-
The bodiless airs, a wizard rout,
Flit through thy chamber in and out,
And wave the curtain canopy
So fitfully- so fearfully-
Above the closed and fringed lid
'Neath which thy slumb'ring soul lies hid,
That, o'er the floor and down the wall,
Like ghosts the shadows rise and fall!
Oh, lady dear, hast thou no fear?

Why and what art thou dreaming here?
Sure thou art come O'er far-off seas,
A wonder to these garden trees!
Strange is thy pallor! strange thy dress,
Strange, above all, thy length of tress,
And this all solemn silentness!

The lady sleeps! Oh, may her sleep,
Which is enduring, so be deep!

Heaven have her in its sacred keep!
This chamber changed for one more holy,
This bed for one more melancholy,
I pray to God that she may lie
For ever with unopened eye,
While the pale sheeted ghosts go by!

My love, she sleeps! Oh, may her sleep
As it is lasting, so be deep!
Soft may the worms about her creep!
Far in the forest, dim and old,
For her may some tall vault unfold-
Some vault that oft has flung its black
And winged panels fluttering back,
Triumphant, o'er the crested palls,
Of her grand family funerals-
Some sepulchre, remote, alone,
Against whose portal she hath thrown,
In childhood, many an idle stone-
Some tomb from out whose sounding door
She ne'er shall force an echo more,
Thrilling to think, poor child of sin!
It was the dead who groaned within.


E in alto il clan Toreador dello scorso live, purtroppo non c'è la Benny!!! Da sinistra a destra Chris Wilson (il Cris!), Lucrezia Della Valle (io!), il Jecky, François Sigrist (il Max!) e Jacques Dugalle (Aurian!)