β Orionis

Author: Monsieur Henri /


Credi al destino? Io credo!
Credo a una possanza arcana
che benigna o maligna
i nostri passi or guida
or svia pei diversi sentieri
de l'esistenza umana.
Una possanza che dice a un uomo:
Tu sarai poeta. A un altro:
A te una spada, sii soldato!


Sì, io credo al destino. Credo in immensi libri rossi, dalle scritte dorate, ma credo anche che l'uomo sia abbastanza forte per cambiarlo, per farlo suo, per stringerlo.

Avete mai guardato il cielo attentamente, di notte? Avete mai sentito che una stella in particolare vi chiamasse? A me è successo, la stella si chiama Rigel, è il piede destro di Orione, la mia costellazione preferita, una supergigante blu, il mio colore preferito, la settima stella più luminosa del cielo.

E' lungo e complicato spiegare questa storia, ma se Rigel si vede mi sento molto meglio, mi porta quasi fortuna, mi rassicura di molte cose. E' la mia stella, la mia stella personale...

Orbene, ho detto Orione come costellazione preferita.

E ora il passaggio è un po' complicato...

Stavo decifrando i miei manoscritti adorati (anche se odiati nello stesso tempo) del Romanzo di Alessandro, e ho trovato questa frase:
"Thauma de idomen, priona apò gès eis ouranon upò aeton duo, ek toutou de egnomen alexandron tethnekenai": "Vedemmo il prodigio, una sega che si alzava dalla terra verso il cielo portata da due aquile, e da questo capimmo che Alessandro era morto".

Già per me è un punto veramente particolare, ma il mio istinto di filologa ha avuto un po' la meglio: una SEGA come prodigio?? Povero Alessandro, non è veramente giusto!! Nell'altro manoscritto in cui è citata questa parte ovviamente questa stessa parola è mezza cancellata, si vede una a, forse una gamba di qualcosa, ma nulla di più.

Io e Enrico eravamo impazziti a trovarci un senso, quando improvvisamente mi è saltato qualcosa alla mente: priona, dice? E se fosse Oriona? L'accusativo di Orione?

Alessandro morì il 10 giugno, al tramonto, secondo il Romanzo, e in quel giorno Orione tramonta insieme al Sole. Quindi, se fosse risalito sarebbe stato un miracolo, no?

Più che altro mi era balenata lì quell'idea, convinta che sarei stata cacciata fuori a calci dal mio professore... Che quando l'ha sentita ha commentato con un "me piase, me piase, forse è falsa, ma me piase", imitando l'accento padovano che lui non ha!

Morale della favola: devo scrivere UN ARTICOLO su questa cosa!! Su Orione e Alessandro!!

La mia stella è veramente mia! Mi ha protetta? Mi ha consigliata? Non lo so, so solo che ieri brillava così splendente!!

Leb wohl, mein lieber Schwan!

Author: Monsieur Henri /



C'era una volta una ragazza, una bambina, che per la prima volta in vita sua, all'età di nove anni, vedeva un'automobile con l'autoradio. E da quell'autoradio uscivano le note di un'opera, la Lucia di Lammermoor. La bambina capiva poco di quello che succedeva, ma c'era qualcosa che la faceva gioire come poche cose al mondo: la voce di quell'uomo, del protagonista, che nella storia aveva nome Edgardo, e che in realtà si chiamava Giuseppe Di Stefano.

La bambina crebbe, e quella voce continuò a risuonarle nella testa, quel "tu che a Dio spiegasti l'ale, o bell'alma innamorata, ti rivolgi a me placata, teco ascenda il tuo fedel. Ah, se l'ira dei mortali fece a noi sì cruda guerra, se divisi fummo in terra ne congiunga il Nume in cielo". Crebbe, e quando finalmente capì che cosa fosse l'opera, cercò di collezionare tutte quelle in cui cantava Lui, il suo Cigno, l'uomo dalla voce d'angelo.

Giuseppe Di Stefano fu un grande nome, nella storia della lirica, fu compagno della Callas, cantò coi maggiori direttori d'orchestra, non lasciando mai nulla di mediocre, sempre donando quella benedizione che il cielo gli aveva fatto, e facendolo con generosità, senza paura di arrivare alle note più alte e più difficili. Si ritirò dalle scene ai primi anni '70, e non fece più scalpore come altri tenori, non fece l'esibizionista, no, rimase sempre il ragazzo siciliano che, raccontano, illuminava il palco con i suoi occhi brillanti.

Questo fu per il mondo della lirica.

Ma per quella bambina, per me, fu qualcosa di più. Fu La Voce che mi fece conoscere un mondo amatissimo, fu La Voce che si elevò le notti insonni, fu La Voce a cui pensavo quando tentavo di cantare, fu La Voce. Mio compagno durante lo studio, durante i viaggi, durante le notti in macchina, sempre quella dolcezza, quella forza, quel sovrumano dono è stato con me, ponendosi come pietra di paragone per qualunque altra voce, anche quella di Massimo.

E ora quella Voce non canterà mai più. Se n'è andato, il mio Cigno, dopo tre anni di coma dovuti ad un'aggressione, se n'è andato in silenzio, modesto, senza suscitare scalpore nemmeno nella morte, semplicemente smettendo di respirare. E il mondo, e io siamo orfani, non vedremo mai più quegli occhi neri che brillano, non vedremo più quel riso così generoso, ma una cosa sopravvive.

Ed è La Voce. I cd la riportano, le trasmissioni televisive rimarranno, e il mio Cigno volerà per l'eternità. Come mi disse un mio amico, la parte migliore di lui è rimasta. E rimarrà per sempre.

Addio, addio, mio amato Cigno.
E grazie.