Leb wohl, mein lieber Schwan!

Author: Monsieur Henri /



C'era una volta una ragazza, una bambina, che per la prima volta in vita sua, all'età di nove anni, vedeva un'automobile con l'autoradio. E da quell'autoradio uscivano le note di un'opera, la Lucia di Lammermoor. La bambina capiva poco di quello che succedeva, ma c'era qualcosa che la faceva gioire come poche cose al mondo: la voce di quell'uomo, del protagonista, che nella storia aveva nome Edgardo, e che in realtà si chiamava Giuseppe Di Stefano.

La bambina crebbe, e quella voce continuò a risuonarle nella testa, quel "tu che a Dio spiegasti l'ale, o bell'alma innamorata, ti rivolgi a me placata, teco ascenda il tuo fedel. Ah, se l'ira dei mortali fece a noi sì cruda guerra, se divisi fummo in terra ne congiunga il Nume in cielo". Crebbe, e quando finalmente capì che cosa fosse l'opera, cercò di collezionare tutte quelle in cui cantava Lui, il suo Cigno, l'uomo dalla voce d'angelo.

Giuseppe Di Stefano fu un grande nome, nella storia della lirica, fu compagno della Callas, cantò coi maggiori direttori d'orchestra, non lasciando mai nulla di mediocre, sempre donando quella benedizione che il cielo gli aveva fatto, e facendolo con generosità, senza paura di arrivare alle note più alte e più difficili. Si ritirò dalle scene ai primi anni '70, e non fece più scalpore come altri tenori, non fece l'esibizionista, no, rimase sempre il ragazzo siciliano che, raccontano, illuminava il palco con i suoi occhi brillanti.

Questo fu per il mondo della lirica.

Ma per quella bambina, per me, fu qualcosa di più. Fu La Voce che mi fece conoscere un mondo amatissimo, fu La Voce che si elevò le notti insonni, fu La Voce a cui pensavo quando tentavo di cantare, fu La Voce. Mio compagno durante lo studio, durante i viaggi, durante le notti in macchina, sempre quella dolcezza, quella forza, quel sovrumano dono è stato con me, ponendosi come pietra di paragone per qualunque altra voce, anche quella di Massimo.

E ora quella Voce non canterà mai più. Se n'è andato, il mio Cigno, dopo tre anni di coma dovuti ad un'aggressione, se n'è andato in silenzio, modesto, senza suscitare scalpore nemmeno nella morte, semplicemente smettendo di respirare. E il mondo, e io siamo orfani, non vedremo mai più quegli occhi neri che brillano, non vedremo più quel riso così generoso, ma una cosa sopravvive.

Ed è La Voce. I cd la riportano, le trasmissioni televisive rimarranno, e il mio Cigno volerà per l'eternità. Come mi disse un mio amico, la parte migliore di lui è rimasta. E rimarrà per sempre.

Addio, addio, mio amato Cigno.
E grazie.

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